L’amore, la bellezza, il Brunello: la storia dell’azienda Ferrero

Un racconto d’amore, di attenzione verso la natura, di rispetto per un territorio che ti ha accolto diventando nel tempo casa tua e delle tue figlie. È la storia di uno svizzero, Pablo Harri, e di una piemontese, Claudia Ferrero, che a metà degli anni Ottanta si incontrano a Montalcino. Lavorano entrambi per Banfi, si conoscono, si innamorano. Nel 1990 nasce la prima figlia, Silvia, seguita da Giulia, nel 1991, e da Pepita, nel 1993. Mentre Pablo porta avanti insieme ad Ezio Rivella la direzione enologica di Banfi (seguiranno altri dieci anni a Col d’Orcia), viene acquisito il podere Pascena, a metà strada tra Sant’Angelo in Colle e Sant’Angelo Scalo, sul versante meridionale di Montalcino, trasformato negli anni in azienda agricola. I tre ettari di vigneto attualmente di proprietà, equamente divisi tra Brunello e Rosso di Montalcino, vengono impiantati tra il 2000 e il 2001, un anno dopo le vecchie stalle e il granaio si trasformano in cantine per vinificazione e invecchiamento.

La scomparsa di Pablo, nell’ottobre 2017, lascia un grande vuoto non solo nella famiglia ma anche in tutta Montalcino (“Ha dato molto a tutti noi ed al Brunello, contribuendo con impegno ed entusiasmo alla crescita della denominazione”, scrive in una nota il Consorzio del Brunello). Claudia decide di non mollare, di andare avanti nonostante le difficoltà. “Sono stata fortunata – ricorda – perché tutte le mie figlie hanno dimostrato disponibilità a dare una mano in azienda”. Giulia, la più grande, è l’enologa; Pepita, la più piccola, lavora stabilmente con la mamma. Silvia fa tutt’altro, è assistente di volo, ma appena può torna a Montalcino per dare un contributo. “C’è da trovare un equilibrio, portare avanti una realtà vitivinicola è impegnativo, ma ce la faremo”, assicura Claudia Ferrero, che è ottimista anche sullo scenario post-Covid. “I clienti iniziano a scrivere, a cercarci, e questo fa piacere. Per quanto riguarda noi, che siamo una realtà piccola, la situazione attuale non la vedo così grave. Produciamo circa 15.000 bottiglie annue (6-7.000 di Brunello, 7-8.000 di Rosso di Montalcino) oltre alla grappa di Brunello e a piccole quantità di olio extravergine. L’estero ricopre il 70% del mercato, in particolare Nord America ed Europa”.

Claudia vive a Montalcino da 35 anni. Come mai la decisione di lasciare il Piemonte, altro luogo ad alta vocazione vitivinicola? “Semplice: alle tante richieste di lavoro inviate in giro per l’Italia mi ha risposto Banfi, che avevo già visitato in età scolastica. Se sono rimasta così tanto vuol dire che mi sono innamorata per davvero! Ho visto crescere questa realtà, capace di arricchirsi e allo stesso tempo di mantenere i piedi per terra, di preservare il paesaggio senza stravolgerlo. Questa è la fortuna di Montalcino: la bellezza. Sarà la bellezza a rilanciare il nostro territorio”.