Una pianta di salvia e due leoni rampanti: così nasce l’azienda di Brunello Salvioni

Una pianta di salvia sorretta da due leoni rampanti. È lo stemma che contraddistingue da secoli i Salvioni, farmacisti e proprietari terrieri di origini bergamasche. Un ramo della famiglia, nel Trecento, arrivò in Toscana e poi a Montalcino, dove Salvioni oggi è un’azienda di Brunello che ha conservato gli elementi dello stemma, salvia e leoni (da lì “Salvioni”), e che produce vino da tre generazioni, anche se Umberto Salvioni, dottore in agraria, lo faceva per la famiglia e gli amici, per il piacere di stare insieme e condividere un buon bicchiere. Fu suo figlio Giulio, con la moglie Mirella, a creare una realtà capace di produrre una quantità limitata di bottiglie di eccellenza. “Il primo Brunello è del 1985, furono ricavate 2.500 bottiglie da un piccolo appezzamento di 1,5 ettari”, ricorda Alessia Salvioni, figlia di Giulio, entrata in azienda nel 2010. “Mi sono diplomata in oreficeria e ho poi gestito un negozio di stoffe a Montalcino, il mio ingresso nel mondo del vino è stato tardivo”. Prima di lei, a metà anni Novanta, era entrato il fratello David. “Siamo dei tuttofare – spiega Alessia – l’azienda è piccola e non ci sono mansioni che prevalgono. Io mi dedico principalmente ad amministrazione, commercializzazione, visite in cantina. Mamma segue più la vigna insieme a David che si occupa pure della cantina. Babbo invece supervisiona, controlla che tutto proceda per il verso giusto”.

Dall’ettaro e mezzo degli anni Ottanta l’azienda Salvioni si è allargata ai 4 ettari di oggi, tutti iscritti a Brunello, a 440 metri sul livello del mare, tre chilometri a sud-est di Montalcino. Oliveto, bosco e seminativo completano completano i 22 ettari totali del podere La Cerbaiola. Ogni anno vengono prodotte fino a 20.000 bottiglie, delle quali il Brunello non supera mai le 15.000 bottiglie (la restante parte è occupata dal Rosso di Montalcino). In rare occasioni, come per la nascita dei nipoti, gli anniversari o annate eccezionali, viene prodotta anche una magnum di Brunello.

L’export copre l’85% del mercato. “Vendiamo principalmente in Usa e Nord Europa – continua Alessia Salvioni – ma anche in Sudafrica, Australia, Singapore, Tailandia. Il lockdown? È stato tutto posticipato, normalmente un’annata come la 2015 la esaurisci molto prima. Per cantine piccole come la nostra un po’ di preoccupazione c’è stata, ma adesso le vendite sono ripartite, siamo quasi alla fine delle consegne. E la vendemmia fa davvero ben sperare, ci sono i presupposti per una grande annata. Sarebbe il modo migliore, fra cinque anni, quando uscirà il Brunello 2020, per ricordarsi che non tutto è stato negativo in quest’anno così particolare”.