L’orgoglio, la lungimiranza e quel Brunello dedicato al cofondatore del Consorzio: la storia di Bellaria

L’orgoglio di essere stati tra i primi a crederci, lo sconfinato amore per la natura, la fiducia in una risorsa che in pochi, a quei tempi, pensavano potesse trasformarsi in ricchezza. Assunto Pieri, cofondatore del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, era uno dei tanti contadini che nel secondo Dopoguerra lavoravano la terra da mezzadri. Terra che Assunto riscattò, nel 1963, assieme alla moglie Bruna Tempori: è così che nacque Bellaria. “Aveva un ettaro di Brunello e faceva vino, anche se non lo imbottigliava”, racconta oggi suo nipote Gianni Bernazzi, che ha raccolto l’eredità del nonno saltando direttamente una generazione. “Sono entrato in azienda nel 2000, quest’anno per festeggiare i 20 anni ho avviato un restyling del logo e delle etichette”. L’evoluzione di Bellaria non si è solo fermata al design: dal marketing alla logistica, dall’ampliamento dei vigneti (oggi sono 3,6 gli ettari dei quali 1,6 a Brunello, 0,5 a Rosso di Montalcino e il resto a Sant’Antimo e Igt) all’enoturismo. “Dall’anno scorso – spiega Bernazzi – abbiamo aperto una zona di ricezione per turisti, che possono mangiare e degustare vini in azienda. Covid permettendo, c’è anche l’idea di ampliare il progetto creando camere dialto livello per il pernottamento”.

Bellaria produce circa 12.000 bottiglie annue (5.000 di Brunello e 5.000 di Rosso di Montalcino). Oltre al Brunello annata, c’è anche una piccola selezione che proviene da un solo vigneto, piantato a suo tempo da Assunto Pieri. “Porta proprio suo nome, e c’è la sua firma originale nell’etichetta – continua Bernazzi – è nato per offrire un nuovo prodotto ai clienti ma soprattutto per omaggiare mio nonno, che ci ha lasciati nel 2018”. E i risultati sono subito arrivati: il Brunello Assunto Riserva 2010 si è aggiudicato i 100/100 da James Suckling.

L’azienda, tra le poche a Montalcino a produrre anche il vinsanto, esporta il 90% del prodotto, principalmente in Usa, Europa e, in parte minore, Asia. “In Italia si parla soprattutto di turismo straniero, attraverso la vendita diretta”, sottolinea Gianni Bernazzi, che resta ottimista dopo la pandemia. “Non ho più bottiglie di Brunello disponibili. Certo, resta qualche timore per il prossimo anno, ma sono fiducioso visto l’arrivo di un’altra grande annata, la 2016. Anche la vendemmia è andata molto bene, con un calo di circa il 20% ma una buona qualità. Trovandomi nella zona più alta di Montalcino, tra i 500 e i 600 metri, le viti hanno sofferto meno il caldo. Un tempo l’altitudine era un po’ penalizzante, adesso sta diventando un valore in più”. Bernazzi, che fa parte della nuova generazione di vignaioli, è consapevole di quanta strada è stata fatta e quanta ancora ci sarà da fare. “Oggi ci conoscono in tutto il mondo, i nostri vini viaggiano ovunque, dall’America all’Asia. Tutto ciò, qualche decennio fa, era impensabile. Questo grazie ai nostri predecessori, tra cui mio nonno. Spetta a noi adesso proseguire il percorso e contribuire a far crescere ancora di più la denominazione”.