Dal petrolio al vino, dall’Argentina a Montalcino: Poggio Landi, il gioiello di Alejandro Bulgheroni

In principio fu nel suo Paese, l’Argentina. Oltre 20 anni fa il petroliere Alejandro Bulgheroni, tra i 1.000 uomini più ricchi del mondo secondo Forbes, decise di diversificare i suoi investimenti puntando sul mondo del vino. Cominciò in Sudamerica, salì fino alla California, abbracciò la Francia (Bordeaux), l’Australia e l’Italia, o meglio la Toscana, in tre dei suoi territori più importanti: Chianti Classico, Bolgheri e Montalcino, con le tenute Poggio Landi e Podere Brizio. “Si parla di un investimento nel vino che si aggira sui 400 milioni di dollari – rivela il direttore generale del gruppo vitivinicolo italiano di Bulgheroni, Stefano Capurso – per un totale di circa 2.000 ettari vitati sparsi per il mondo, nelle maggiori zone di produzione. Con un obiettivo comune: la qualità”.

Bulgheroni si è innamorato a prima vista della Toscana. “All’inizio – continua Capurso – era interessato ad acquisire oliveti. Poi visitò Dievole, nel Chianti Classico, e nel giro di tre anni perfezionò le tre acquisizioni. Poggio Landi, nella collina di Montosoli, risale al 2013, la rilevò da Stefano Cinelli Colombini. C’erano circa 37 ettari vitati (di cui 15 a Brunello) ma mancava una cantina per vinificare, e trovò un sistema provvisorio acquisendo anche Podere Brizio”. La soluzione definitiva arriva nel 2016, con l’acquisizione di Tenuta Vitanza, in località Torrenieri, che porta in dote un cospicuo numero di ettari vitati e una cantina già realizzata, restaurata nel 2019 con un investimento di circa 2 milioni di euro. Le due aziende, Poggio Landi e Tenuta Vitanza, vengono unite in un’unica azienda (Poggio Landi), che arriva ad includere anche dei terreni nella zona de La Crociona, per un totale di circa 62 ettari di vigneto: 27 ettari a Brunello, 15 a Rosso di Montalcino e il resto tra Chianti Colli Senesi e Igt Toscana. I tre prodotti – Brunello (160.000 bottiglie annue), Rosso di Montalcino (50.000) e Brunello Riserva – diventeranno presto quattro. “Dal 2016 usciremo con un nostro primo cru – sottolinea Capurso – e ne dovrebbero seguire altri. L’idea è infatti quella di rappresentare i tre differenti terroir di Poggio Landi, per valorizzare il più possibile i terreni e dimostrare come il Sangiovese possa avere sfaccettature diverse”.

L’altra novità di Poggio Landi è stata la conversione a biologico, certificata dall’annata 2017 (il Rosso di Montalcino è quindi già bio). “Abbiamo scelto – continua il dg – di affinare i vini in botti grandi, e non è certo una sorpresa a Montalcino, con l’obiettivo di fare vini che privilegino la freschezza e la finezza rispetto alla concentrazione”.

L’export dell’azienda si attesta sul 60%. “Il Nord America rimane il mercato di riferimento però, spinti anche dal Covid, stiamo cercando di operare una politica di diversificazione su altri mercati come Germania, Svizzera, Paesi nordeuropei, Giappone. La pandemia ha portato anche maggiore coscienza sul fatto che i canali online e da asporto saranno sempre più predominanti in futuro. Comunque, devo dire che Montalcino ha retto bene, con performance molto migliori di quanto potevamo aspettarci. Il Brunello ha un grande vantaggio perché è una denominazione con grandissimo valore aggiunto. Lo dimostrano le quotazioni stellari che raggiungono anche il milione di euro ad ettaro. Cifre molto importanti, ed estraendoci dalla questione Covid, non escluderei che possano salire ancora con l’entrata di altri grandi player mondiali”.