Una storia, una famiglia, un territorio: Il Poggione, dove la tradizione fa rima con futuro

Da una tazza di cioccolata è nata una une delle realtà più longeve, affascinanti e di successo della storia del Brunello di Montalcino. Sì perché Il Poggione è un esempio di come dal lavoro, dall’amore per la propria terra e verso i tesori che madre natura ci ha donato, possa nascere un’azienda che si è costruita una filosofia vincente capace di affrontare con passione e superare di slancio le sfide che giorno dopo giorno il mondo del vino presenta. Erano gli anni sul finire dell’800 quando Lavinio Franceschi, proprietario terriero di Firenze, seduto a un tavolino davanti alla bellezza di Piazza Signoria si stava gustando una cioccolata calda al “Rivoire”, storico locale fiorentino. Durante questa pausa di relax passò un pastore che portava il bestiame in transumanza nei dintorni di Montalcino. “Signore saprebbe indicarmi un’azienda da quelle parti?” chiese il signor Franceschi. “Certo – rispose il pastore – ma è all’altro mondo!”. Con grande “fiuto” Lavinio non si fece scoraggiare e per due giorni viaggiò, a cavallo, con destinazione Montalcino. “E quando la vide – spiega Leopoldo Franceschi che oggi guida l’azienda insieme alla sorella Livia – davanti si trovò un paradiso. Fu pagata 750 mila lire, una cifra di tutto rispetto per l’epoca, ma c’è da dire che era l’azienda che nel centro Italia dava più olio”. Una terra vasta da cui, successivamente, sono nate due distinte eccellenze che hanno fatto scuola: Il Poggione e Col d’Orcia.

“All’inizio era l’olio il prodotto principale – sottolinea Leopoldo Franceschi – ma poi mio nonno, seguendo l’esempio della famiglia Biondi Santi, iniziò a piantare le vigne. Quel vino che poi è diventato Brunello fu venduto con successo nelle fiere fiorentine e dell’empolese. Da lì è iniziata un’altra storia con la nostra famiglia sempre al timone. Siamo arrivati alla quinta generazione, spero che con mio figlio si arrivi alla sesta. Io il futuro lo vedo roseo anche oggi: passeremo qualche mese di perplessità ma poi il mondo del vino ripartirà bene”. Con 1.450 ettari in totale, di cui 164 vitati, la tenuta Il Poggione (che si trova a Sant’Angelo in Colle) è una delle più grandi nel panorama vitivinicolo di Montalcino ed è un omaggio alla natura e alla storia di questa terra. Tradizione ma anche innovazione con un rispetto massimo per le biodiversità. Perché il Brunello è solo la punta di diamante di un territorio magico. “Io sono sempre stato contrario a fare monocultura – spiega Franceschi – l’olio non può essere remunerativo come il vino ma ci deve comunque essere. Il consumatore va accontentato, puntando sulla qualità e sulla varietà che sa offrire questa terra. Questa è un’azienda di altri tempi: ci sono le vigne, gli ulivi ma anche i seminativi, il bosco. L’importante è gestire bene le cose e dare al paesaggio una biodiversità. Quando venivo a Montalcino da ragazzo mi ricordo le pecore e le cataste di legna, non c’era molto altro. Non bisogna dimenticarci mai da dove veniamo”.

Brunello, Rosso di Montalcino, olio ma anche il prelibato Moscadello da dove è nata la storia enologica di Montalcino: un vino già elogiato dal poeta Francesco Redi nel lontano 1865 e particolarmente apprezzato anche da Ugo Foscolo, uno dei “pesi massimi” della letteratura di tutti i tempi. Il Poggione è pronto a scrivere nuove pagine di storia, perché questa azienda è sempre riuscita a trovare il punto di equilibrio vincente tra passato e futuro. “Siamo in un territorio unico – è il pensiero di Leopoldo Franceschi – qui si potrebbero produrre anche altri vini eccezionali, non solo Brunello. Cosa mi rimane in mente di questi anni? Tutte le annate che produco. Ogni volta è come avere un figlio, questo è il bello di questo mestiere: non è monotono e ti fa sentire orgoglioso”.