Dalla zonazione ai principi della biodinamica e omeopatia: la filosofia di Corte Pavone di Loacker Wine Estates

Dici Loacker e pensi subito agli iconici wafer al cioccolato, ma in realtà quel nome che contraddistingue la celebre famiglia tirolese si è nel tempo associato anche ad altri settori, come la medicina e il vino. Merito di Rainer Loacker, uno dei figli di Alfons, colui che partì da una piccola pasticceria di Bolzano per costruire una multinazionale nel settore dolciario. Rainer nel 1979 lasciò l’azienda di famiglia per dedicarsi al mondo dell’omeopatia e della biodinamica. Fondò l’azienda omeopatica Loacker Remedia e rilevò tre tenute vinicole. La prima in Alto Adige, l’ultima in Maremma. Nel mezzo, e siamo nel 1996, l’acquisto di una tenuta a Montalcino: un agente immobiliare gli propose Corte Pavone, Rainer era sul punto di rifiutare ma poi cedette alla curiosità e fu impressionato dal bellissimo viale d’accesso costeggiato da cipressi, lo splendido panorama verso Montalcino e le botti di Brunello nella vecchia cantina.

“Mi ricordo benissimo quel momento – racconta il figlio di Rainer, Hayo Loacker, amministratore di Corte Pavone – stavo per finire a Digione i miei studi di enologia e venni contattato da mio padre per dare un parere sull’opportunità che si era venuta a creare. Feci un salto a Corte Pavone e non ebbi dubbi: la posizione era bellissima, le terre sembravano di ottima qualità anche se un po’ più alte rispetto alla media e in più c’erano sei annate in cantina che aspettavano di essere imbottigliate, quindi potevamo partire subito. Ebbe la mia approvazione, e da lì è cominciata la nostra avventura a Montalcino”.

Partendo da poco più di 4 ettari, dei quali 2,5 piantati nel 1958 e tutt’ora coltivati (ci viene prodotto un cru, il Brunello Campo Marzio), Corte Pavone oggi è arrivata a contare circa 18 ettari vitati, dei quali 6,5 a Brunello, 4,5 a Rosso di Montalcino e il resto a Sant’Antimo. “La fase intensa di espansione viticola ci portò a dover costruire, nel 2002, una cantina adeguata alle esigenze produttive – continua Hayo – successivamente ci siamo dedicati alla costruzione del mercato. Tre sono le aree più importanti: Messico, Stati Uniti e Canada, il centro-nord Europa, soprattutto nei Paesi di lingua tedesca, e l’Italia, che vale il 30% delle vendite”.

Il primo, fondamentale, concetto di Corte Pavone è stata la zonazione. “Un progetto nato nel 2009, quando mio padre lasciò l’azienda, che non è ancora terminato. In Borgogna mi ero già fatto l’idea che la terrà in sé possa dare vini differenti a seconda del microclima che si presenta. All’inizio abbiamo frammentato gli ettari in più di 70 microzone, microvinificate e controllate per più anni, per poi arrivare a definire 7 cru di Corte Pavone, di cui 4 già usciti quest’anno sul mercato (uno lo farà il prossimo anno, altri due nell’arco di 10 anni). Sono zone che hanno tutte singole particolarità. Corte Pavone gode di una posizione particolare, con esposizioni e suoli completamente differenti che garantiscono una bella diversità”.

Questi sette cru Hayo Loacker li chiama “dinamici”, perché la selezione finale delle uve all’interno dei singoli siti del vigneto è ottimizzata singolarmente con nuove misurazioni al momento della vendemmia. Le produzioni sono estremamente variabili: si va da 1.000 fino a 6.000 bottiglie (una media di 2.500 per cru), per un totale di 12-15.000, alle quali si aggiungono 15.000 bottiglie di Brunello d’annata. Anche gli altri vini, dal Rosso di Montalcino allo spumante con uva Sangiovese, provengono da zone ben determinate.

Gli altri elementi cardine della filosofia di Corte Pavone sono i principi della biodinamica e dell’omeopatia. “Mio padre cominciò come pioniere nel 1979, fu fra i primi d’Italia se non d’Europa ad interessarsi di agricoltura biologica, poi allargata alla biodinamica. Fu un periodo molto intenso, particolare, anche duro, non solo per le problematiche che uscirono per le poche conoscenze a disposizione, ma anche per le difficoltà commerciali. Nessuno conosceva i vini bio e si faceva fatica a commercializzarli. Fu una grossa sfida, ma fa piacere che adesso questa sfida è diventata abbracciata da molti, anche a Montalcino dove ormai il biologico Montalcino rappresenta più del 50% delle aziende”.

“L’omeopatia ha idee molto simili alla biodinamica – continua l’amministratore di Corte Pavone – il concetto è di fornire uno stimolo all’individuo perché possa reagire da solo. Non gli si dà il principio attivo nella dose della medicina convenzionale, ma un’informazione di quello che l’individuo ha bisogno. Faccio un esempio: un classico dell’omeopatica in viticoltura sono i sali minerali prima della fioritura, per informare la vite di attrezzarsi dei sali minerali stessi. Oppure i preparati, i nosodi, nel nostro caso spore di peronospora su foglie infestate che vengono bruciate e poi messe a bagno con alcol al 96%. Il concetto è che non è la sostanza a dare l’influsso all’individuo, ma è l’informazione e l’energia che c’è all’interno del prodotto omeopatico”.

L’agricoltura sostenibile, la zonazione e la ricerca dell’eccellenza sono principi da tenere in considerazione, secondo Hayo Loacker, per dare ulteriore lustro ad un territorio che è già conosciuto in tutto il mondo, “ma che potrebbe fare un ulteriore salto in alto, non tanto in termini di crescita quanto di consolidamento. Montalcino è una zona viticola unica, dobbiamo concentrarci sulla grande qualità dei nostri terreni, senza anteporre troppo gli interessi commerciali e puntando a far crescere il prezzo medio del Brunello. Faccio un esempio: anziché produrre 100.000 bottiglie a 15 euro, facciamone 50.000 chiedendone 30. Per renderlo ancora più unico, ancora più raro”.