Biondi Santi, uno dei miti enoici del Belpaese: la storia della cantina che ha inventato il Brunello

È uno dei pochi miti enoici del Belpaese, il suo vino è finito nei calici dei personaggi più influenti del mondo ed è l’unico italiano nell’elenco dei dodici vini del ventesimo secolo di Wine Spectator. Ma, soprattutto, è la famiglia che nella seconda metà dell’Ottocento ha inventato il Brunello di Montalcino, una delle denominazioni più conosciute e simbolo del Made in Italy. È una storia di formidabile successo, quella dei Biondi Santi, una storia di sette generazioni dove ciascuna ha offerto il proprio contributo. “Questo è il primo concetto importante – spiega l’amministratore delegato Giampiero Bertolini – ogni personaggio della famiglia ha lasciato qualcosa di significativo per l’azienda e per Montalcino”. A partire da Clemente Santi, che alla Tenuta Greppo iniziò a vinificare il Sangiovese in purezza e ideò di fatto la parola “Brunello”, apparsa nel 1869 sulla medaglia d’oro ottenuta per il suo “vino rosso scelto (brunello) del 1865”. Fu suo nipote Ferruccio, invece, a produrre la prima bottiglia di Brunello di Montalcino, annata 1888, e a creare il marchio Biondi Santi, unendo i cognomi di suo padre, Jacopo Biondi, e di sua madre, Clemente Santi.

Alla morte di Ferruccio, nel 1917, gli subentrò il figlio Tancredi, che mantenne la guida dell’azienda fino al 1970. “Se Clemente e Ferruccio furono dei pionieri – prosegue Bertolini – Tancredi Biondi Santi è stato un innovatore, ha alzato la barra dal punto di vista qualitativo. È stato un grandissimo winemaker a livello internazionale e ha aperto la cooperativa del Brunello nel centro di Montalcino, condividendo le conoscenze con gli altri produttori”. Tancredi inventò il processo della ricolmatura, un momento magico ammirato in prima persona da Mario Soldati, Luigi Veronelli e Paolo Maccherini. “Si rese conto – sottolinea Bertolini – che le vecchie Riserve stavano calando di livello, le stappò, controllò se il vino era ancora perfetto, le ricolmò con vino della stessa annata e le ritappò di nuovo. Un rito che fece per la prima volta nel 1927 per le Riserve 1888 e 1891”. Altra cosa fondamentale: fu lui, negli anni Sessanta, a scrivere le regole della denominazione del Brunello, ottenuta nel 1967. E fu lui a produrre il Brunello Riserva 1955, unico vino italiano nell’elenco dei dodici vini del ventesimo secolo firmato da Wine Spectator, bevuto dalla Regina Elisabetta II durante una visita ufficiale a Roma.

Il figlio di Tancredi, Franco Biondi Santi, concretizzò gli studi sui cloni di Sangiovese. “Negli anni Settanta – continua Giampiero Bertolini – isolò e coltivò 40 cloni diversi e ne scelse uno, il celebre BBS11. Le iniziali stanno per Brunello Biondi Santi, il numero indica l’undicesimo filare, che risultò il migliore per il nostro territorio. Quel clone, che utilizziamo nell’80% delle nostre vigne di Tenuta Greppo, lo registrò ma senza rivendicare l’esclusiva. È a disposizione di tutti, segno della grande riconoscenza verso il territorio di Montalcino”. Franco Biondi Santi, che da innovatore quale era inserì il controllo della temperatura durante le fermentazioni in cantina, si è battuto con forza per difendere il Sangiovese in purezza. In occasione dei festeggiamenti per il Centenario del Brunello Biondi Santi 1888 Franco – che fu ricevuto insieme al figlio Jacopo e al sindaco di Montalcino Mario Bindi in udienza privata dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, al quale donò una bottiglia di Brunello di Montalcino Riserva 1888 – nel 1994 tenne una storica degustazione verticale di 15 annate di Brunello Riserva, dalla 1888 alla 1988. “Dimostrò ai media come un Sangiovese di qualità potesse invecchiare e migliorarsi nel tempo – evidenzia Bertolini – in quel periodo stavano venendo fuori i Supertuscan, lui rimise il Brunello sulla mappa dei grandi vini”. Di riconoscimenti, Franco Biondi Santi, ne ha ricevuti tantissimi. Tra i più recenti, hanno ottenuto i 100/100 da Wine Enthusiast la Riserva 2010 e la Riserva 2012, l’ultima annata di Franco prima della sua scomparsa e a lui dedicata.

Dal 2017, l’azienda è passata in mano alla famiglia Descours, tramite il gruppo Epi. Il proprietario, Christopher Descours, ha un approccio ‘familiare’ al vino, racconta Bertolini, avendo già due tenute nello Champagne e una nel sud della Francia. “Il concetto chiave della nuova gestione è evoluzione e non rivoluzione. Il massimo rispetto per la storia è alla base di tutto. I processi non sono cambiati, è aumentata semmai l’intensità di lavoro in vigna. Attraverso un progetto di studio di tutte le singole parcelle delle vigne, iniziato due anni fa, stiamo cercando di conoscere il più possibile i nostri suoli. Abbiamo identificato 12 diverse parcelle, ci serviranno a capire se e come è possibile accrescere ancor di più la qualità dei vini. Tutto questo nel rispetto dello stile dei vini di Biondi Santi, che esprimono ed esprimeranno sempre eleganza e freschezza. Vi faccio un esempio: a febbraio abbiamo fatto uscire sul mercato il Brunello Riserva 2012, l’ultima annata di Franco, e l’abbiamo messa a confronto con la sua prima annata, la 1971. Bene, se vi faccio vedere il colore, le due annate si confondono. Il naso e la bocca sono naturalmente diversi, ma la 1971 ha una freschezza incredibile. Questo è lo stile di Biondi Santi”. 

Una delle poche modifiche apportate dalla famiglia Descours è l’aver dato un maggior peso al Rosso di Montalcino, che “non è solamente un residuale delle uve atte a divenire Brunello – spiega l’ad di Biondi Santi – ma è pensato e programmato prima. Per noi il Rosso di Montalcino è importantissimo per approcciare le nuove generazioni. Lo stiamo proponendo molto ai più giovani, per far capire loro cos’è il mondo Biondi Santi, visto che lo stile è lo stesso della Riserva e dell’annata”.

Tenuta Greppo conta 32 ettari vitati, tutti a Brunello (5 ettari non sono ancora entrati in produzione) e produce circa 90.000 bottiglie annue, la metà di Brunello annata e il resto tra Riserva e Rosso di Montalcino. L’Italia rappresenta il primo mercato. “Siamo presenti nelle migliori enoteche e negli alberghi e ristoranti di alto livello – fa sapere Bertolini – il primo Paese estero sono gli Usa, vendiamo bene anche in Uk, principalmente Londra, e poi Svizzera, Germania e Asia, specialmente a Singapore, Honk Kong e in Giappone”.

I prodotti di Biondi Santi escono sul mercato un anno di ritardo rispetto alle altre aziende di Montalcino. Dal 1 marzo 2021 gli enoappassionati potranno degustare il Brunello 2015, il Rosso di Montalcino 2018 e la Riserva 2013, che sarà “accompagnata” da 6-7.000 bottiglie di una vecchia annata conservata nella cantina storica. “Il prossimo anno faremo uscire la Riserva 1983, quest’anno invece con la Riserva 2012 abbiamo rilasciato la 1998. In ogni bottiglia storica scriviamo a mano, in etichetta, la data della release, perché i collezionisti devono sapere in quale momento è uscita la bottiglia, è una garanzia in più al momento dell’acquisto. Come scegliamo l’accoppiamento? Assaggiamo una serie di vecchie annate e cerchiamo di capire qual è il migliore momento per berle, cercando una relazione con quella che sta per uscire, che sia di allineamento o di assoluto contrasto. Il prossimo anno rilasciamo la 1983, vendemmia assolutamente fantastica, perché si trova in una forma strabiliante e risale a 40 anni prima della 2013. In questo modo il consumatore si può rendere conto, acquistando entrambe, la vecchia e la nuova annata di Riserva, come possa evolvere il vino”.

Dall’azienda che ha inventato il Brunello arriva, infine, un incoraggiamento a crescere ancora. “La denominazione – conclude Giampiero Bertolini – si trova in un ottimo momento, la qualità media dei vini è ulteriormente cresciuta, siamo nella mappa dei vini importanti del mondo. Ora però va fatto un ulteriore salto. La vera sfida è andare a prenderci un valore nel mercato che ci spetta. Dimentichiamoci il numero di bottiglie e pensiamo a quanto vendere il vino, senza esser timidi sui prezzi, perché non abbiamo niente da invidiare ai vini francesi. Si potrebbe anche gestire meglio il Rosso di Montalcino, partendo sempre dalla qualità. Vorrebbe dire levare meno pressione al Brunello, venderne meno ma a prezzi più alti. Dobbiamo continuare a lavorare in maniera dettagliata, puntando a una politica di valore, con una visione più ampia di tutta la denominazione”.