Il successo è ancor più bello, se avviene in casa: la storia di Sassetti Livio – Pertimali

Livio Sassetti, figlio di mezzadri di Sant’Angelo in Colle, comprò sul finire degli anni Cinquanta circa 12 ettari di Brunello sulla collina di Montosoli, nel versante nord di Montalcino. Tra i primi produttori del territorio, con la sua annata 1964, Livio capii sia il potenziale di invecchiamento del vino sia quello turistico del territorio. Nel 1968 infatti fece costruire all’interno della cantina una teca dove conservare le vecchie annate di famiglia, dal 1964 in poi, più le etichette prodotte dal papà e dal nonno. In tutto sono 360, la più vecchia è datata 1915. Un gioiellino da offrire ai tanti clienti che visitavano quest’azienda, perlomeno fino agli anni Novanta. Poi la scelta di ridurre l’accoglienza “per praticità e mancanza di tempo”, spiega Sabina La Brusco, moglie del figlio di Livio, l’enologo Lorenzo Sassetti. Anche se a breve l’enoturismo tornerà più forte di prima. “Tre anni fa abbiamo acquistato l’ex mulino di Torrenieri, che aveva cessato l’attività negli anni Ottanta. Lo abbiamo restaurato riconvertendolo in cantina. Stiamo spostando lì il vino, a trasloco ultimato trasformeremo la vecchia cantina in agriturismo. Puntiamo ad aprire da Pasqua 2021”.

L’azienda Sassetti Livio – Pertimali produce tra le 60.000 e le 65.000 bottiglie di Brunello, più circa 5.000 bottiglie di Rosso di Montalcino ottenuto per declassamento. “Abbiamo anche dei vigneti atti a Moscadello, ma abbiamo smesso di vinificarli. Il 95% del prodotto è rivolto all’export, e per esportarlo va stabilizzato bene. Ma se stabilizziamo il Moscadello perde il profumo originario, cambia totalmente la sua natura. Una volta aveva un senso, c’erano tanti visitatori in azienda. Adesso preferiamo vendere tramite la nostra distribuzione”. Quest’anno sono uscite anche 1.500 bottiglie di Chardonnay, più per sfizio che business. Così come sfiziosa è stata la scelta di investire nel 2012 nelle bollicine, comprando 3,5 ettari in Valdobbiadene (nel 1999 è stata acquistata anche un’azienda nel Montecucco).

L’export, dicevamo, vale il 95%, con gli Usa che assorbono il 45% delle vendite. Come è andata allora in questo periodo? “Siamo stati fortunati a trasferire tanto vino prima del lockdown, e in generale abbiamo continuato a spedire secondo la tabella di consegne. In Usa ci siamo fermati da maggio, ma il 70% del vino era già spedito a marzo. Qualcosa è rimasto, ma non abbiamo nessun tipo di timori. Per via della grande annata e per il prestigio e l’appeal che il Brunello ha ormai acquisito in tutto il mondo”.